Da quando l’anno scorso, di questi tempi, il suo «Raiot. Armi di distrazione di massa» è stato censurato dalla Rai, Sabina Guzzanti vive un momento di grande popolarità. Suo malgrado è diventata uno dei personaggi simbolo - con Daniele Luttazzi, Paolo Rossi, gli stessi Enzo Biagi e Michele Santoro - di quella parte di Paese che si oppone all’Italia berlusconiana ed è sempre più convinta di vivere in un regime. Ovviamente non un regime come quelli che il mondo ha conosciuto nel Novecento. Ma un regime mediatico, fondato sul potere della televisione e sul pensiero unico, nel quale per far sparire qualcuno non serve mandarlo al confino ma basta, più banalmente, decretarne l’ostracismo da sua maestà il video.
Estromessa in malo modo dal piccolo schermo, la Guzzanti da qualche mese si consola nei teatri. Anche questo suo «Reperto Raiot», che ha debuttato nell’aprile scorso a Brescia, ha già girato mezza Italia, doveva concludersi a luglio e invece prosegue, arrivando ora a Trieste, dopo aver ottenuto ovunque un grande successo di pubblico prim’ancora che di critica: lo dimostra il fatto che al Politeama Rossetti, dove era prevista domani sera una sola rappresentazione, in apertura del cartellone «Cabaret», gli ottimi dati di prevendita dei biglietti hanno convinto gli organizzatori ad allestire una replica per la serata di giovedì.
Nello spettacolo - scritto in collaborazione con Carlo Giuseppe Gabardini e l’editorialista di «Repubblica» Curzio Maltese, che aveva già firmato con la Guzzanti il precedente «Giuro di dire la varietà» - si immagina che in un futuro prossimo, mentre si cerca di ricostruire gli eventi e i personaggi mediatici e politici del nostro momento storico, ci si imbatta in un misterioso «Reperto Raiot», magari conservato in un futuribile Museo della Resistenza.
Ovviamente un pretesto, dal quale parte un’analisi dei mezzi d'informazione e della politica dell’Italia del 2004, vista attraverso gli occhi dell’attrice con la sua faccia e la sua voce, ma anche attraverso una lunga galleria di personaggi da lei interpretati: da Bruno Vespa e Barbara Palombelli, da Rocco Buttiglione (e qui i riferimenti alla stretta attualità di queste ultime settimane, ovviamente, si sprecano...) a Massimo D’Alema, da Valeria Marini a Clarissa Burt, da Antonella Clerici a molti altri.
Nel quadro inquietante dell'Italia berlusconiana, alla fine non può mancare il deus ex machina, nella persona dello stesso premier: e allora Silvio-Sabina dà il meglio di sé, dispensando agli italiani (improbabili) consigli per poter vivere bene e «interpretare al meglio» le leggi emanate dal suo governo.
La regia dello spettacolo è firmata da Giorgio Gallione. Sul palco, con la Guzzanti, anche Maurizio Rizzuto alle percussioni e Danilo Cherni alle tastiere. Visto che, fra sketch e riflessioni, imitazioni e monologhi, sono previste anche diverse canzoni, fra cui una «Tiggì ciao» cantata sull’aria di «Bella ciao», con versi che fanno più o meno così: «Uno mattina mi sono svegliata, o tg ciao tg ciao, tg ciao ciao ciao, uno mattina mi son svegliata e ho parlato con Mimun. Questa notizia non s'ha da dare, o tg ciao tg ciao, tg ciao ciao ciao, questa notizia non s'ha da dare, la dobbiamo seppellir...».
Seconda strofa: «Guarda qui invece c'è una notizia, a mio giudiz a mio giudiz a mio giudiz fondamental, in Valtellina c'è una gallina che sa contare fino a tre...».
Ma torniamo ai personaggi che la Guzzanti interpreta nello spettacolo. «Ho scelto Vespa - ha spiegato l’attrice - perché in questo momento è lui la televisione. E non soltanto la televisione, ma anche il Parlamento. Le leggi, invece che alle Camere, si discutono soprattutto da lui».
«Lo spettacolo è incentrato sul linguaggio e sul significato contraddittorio delle parole. Basti pensare a termini "guerra e pace" e "censura o libertà". In un'epoca orwelliana come la nostra, la guerra porta addirittura la pace e la censura diventa difesa della libertà».
Ancora Guzzanti: «La società in cui viviamo mi sembra triste. Troppa gente è costretta a una vita che non è vita. E in televisione appare solo quella finta. Nella società reale invece la maggior parte delle persone vive praticamente in uno stato di schiavitù, obbligata a lavori spiacevoli che non avrebbe mai scelto. Più passa il tempo e più i diritti sul lavoro diminuiscono: col timore di essere licenziati per delle fesserie, si è tornati a uno stato di forzato servilismo. La vita costa di più, e molti, troppi sono costretti a occuparsi esclusivamente della propria sopravvivenza».
«Ecco, per tutte queste cose - dice l’attrice - la nostra è una società triste. Non c'è davvero molto da ridere. Cercano di convincerci che facciamo parte di una società evoluta, ma per quanto riguarda la qualità della vita c'è il palese tentativo di privarci tutti sia dell'identità che delle radici. Ormai esiste solo la televisione, che oggi come oggi è qualcosa di orripilante, organizzata proprio per umiliare le persone ancor di più e inculcare loro un senso di schifo per se stessi».
«Io, quando guardo la tv, mi deprimo. Se capita di accenderla e di rimanerne catturati per un attimo, dopo non si ha più voglia di fare nulla. Tutta l'ispirazione sparisce. La televisione attuale è devitalizzante. Ho notato questo effetto anche su di me. Purtroppo ci sono popolazioni intere, che vivono incollate alla tv e rischiano di diventare sempre più tristi e anche più brutte, contagiate da brutti e volgari modi di fare...».
Lo scorso anno, quando «Raiot. Armi di distrazione di massa» fu cancellato dal palinsesto di Raitre dopo la messa in onda di una sola puntata, Sabina Guzzanti si era detta «molto arrabbiata anche per la reazione dei giornali che non gridano allo scandalo. Eppure tutta la stampa straniera ci chiede interviste e ci ha dato ragione. Questa è una censura bieca e lo strumento della querela da parte di Mediaset è pericolosissimo, un pretesto usato per chiuderci, al quale viene dato credito solo dai giornali italiani».
«Il ”Corriere della Sera” ha ironizzato sul fatto che una sola puntata è costata alla Rai una causa da venti milioni di euro. Ma non la vinceranno, perché l’atto di citazione di Mediaset fa ridere. Spiegano cos’è la satira. Lo studio Previti stabilisce che la satira è quella cosa che tende a sdrammatizzare e a rendere simpatico un politico, a diminuire le tensioni sociali. Quello che faccio io, invece, secondo loro è scorretto, perché cercherei di orientare l’opinione pubblica, farei ”opinione”, cosa che la satira non può fare...».
Secondo Sabina Guzzanti - ma anche secondo molta altra gente - il problema oggi non è solo se in tv c’è uno spazio per la satira. «Qui non c’è spazio per la libertà d’espressione, anche sui giornali. È vergognoso, ma ci sono casi infiniti di censura che non vengono denunciati. Tutti i telegiornali sono sottoposti ogni giorno a censure e ad autocensure. Non è un problema solo della satira, ma più in generale è questo illegalissimo, anticostituzionalissimo, vergognosissimo atteggiamento repressivo verso ogni voce diversa dal pensiero unico del governo».
«Qualcuno ha detto - conclude l’attrice - che la mia opinione non rappresenta la maggioranza, quindi è giusto che io non parli. Sta passando una prassi antidemocratica, in cui è complice anche chi dovrebbe stare dalla parte opposta».
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