giovedì 12 febbraio 2015

SANREMO 2015, seconda serata

E dopo i sedici figli avuti “per opera dello spirito santo” dalla simpatica famiglia calabrese, Sanremo schiera - quasi a mo’ di compensazione - Conchita Wurst, la barbuta “drag queen” vincitrice dell’Eurovision Song Contest. Presenza peraltro assai poco trasgressiva, quasi normale, come normale vuol essere questa edizione griffata Carlo “Pippobaudo” Conti. La seconda razione dell’indigeribile sbobba ha proposto alcune pietanze che non farebbero infuriare Joe Bastianich - ieri comparsata quasi d’obbligo - e gli altri giudici di Master Chef. Innanzitutto Nina Zilli, che si aggiunge a Malika Ayane fra le presenze di classe, eleganza e qualità. La sua “Sola” (accezione italiana, non romanesca...) profuma di musica nera, brilla di fiati e ritmiche apprezzabili anche fuori dal contesto festivaliero, se volessimo esagerare parleremmo di alcuni spunti degni della grande Nina Simone. Ma non vogliamo esagerare. Rivedibile e dunque riascoltabile Lorenzo Fragola, il diciannovenne catanese che la recente vittoria a “X Factor” ha trasferito sic et simpliciter dall’anonimato al palco di Sanremo sezione sedicenti big, o campioni che dir si voglia. Se il celere passaggio non lo brucia (come ha quasi bruciato due anni fa Chiara, stesso percorso, tornata quest’anno per recuperare la credibilità perduta) ha le carte in regola per diventare una popstar. La sua “Siamo uguali” è fresca e gradevole, il che gli permette di insidiare - secondo gli scommettitori - i finora favoriti alla vittoria finale del trio Il Volo (non amano essere chiamati “i tre tenorini”, e non solo perchè uno è in realtà un baritono...). Ma oggi siamo generosi, grati forse di essere miracolosamente sopravvissuti alla stucchevole “reunion di seconda mano” con Al Bano e Romina. E diciamo che, nella serata del secondo ospite italiano Biagio Antonacci, non ci sono dispiaciuti nemmeno Irene Grandi e Raf. E fra i giovani, finalmente non confinati dopo mezzanotte, gli eliminati Chanty e Kaligola. Da parte sua, l’abbronzato epigono di Baudo (che per il suo ottantesimo compleanno l’anno prossimo ha chiesto per regalo alla Rai l’ennesima conduzione del festival, ma probabilmente si accontenterà di un altarino plaudente...) prosegue nella sua missione normalizzatrice. Il suo è un meccanismo quasi perfetto, professionale, oliato da anni di programmi nazionalpopolari, capace di fagocitare opposti estremismi spettacolari e restituirli al pubblico in versione innocua e potabile. Il suo usato sicuro guarda al passato, si rivolge al pubblico delle famiglie e degli anziani di bocca buona, crede di poter intercettare l’attenzione e i gusti dei giovani infilando nel cast qualche avanzo di “talent show” e personaggi di dubbie qualità canore e musicali. L’Auditel lo sta premiando come spesso premia le proposte televisive più popolari. Ma il mondo va da un’altra parte. E i ragazzi da anni non guardano Sanremo.

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