L’onda calabra stavolta arriva per davvero. Tre mesi fa, uno «show case» al caffè letterario Knulp. Giusto per sollecitare l’appetito. Ma stasera, con inizio alle 21.30, al Teatro Miela, quelli del Parto delle Nuvole Pesanti arrivano per davvero. Con un concerto in piena regola.
Sul palco saliranno i tre musicisti che hanno ereditato il nome dell’originario collettivo musicale di studenti calabresi a Bologna (all’inizio erano in undici...), e cioè Peppe Voltarelli (voce e chitarra), Salvatore De Siena (percussioni e voce) e Amerigo Sirianni (mandolino e chitarre), affiancati nel tour da Raffaele Brancati (fiati), Gennaro De Rosa (batteria), Mimmo Crudo (basso) e Pasquale Morgante (piano).
Il sesto album, intitolato «Il parto» e pubblicato l’anno scorso, ha imposto questo gruppo - bolognese d'adozione ma profondamente legato alle sue origini calabresi - all’attenzione di un pubblico più ampio rispetto all'ambiente folk-rock nel quale ha mosso i primi passi.
«Ci siamo conosciuti a Bologna nel ’90 - spiega il cantante Peppe Voltarelli - dove tutti ci eravamo trasferiti dalla Calabria per motivi di studio: chi al Dams, chi a Giurisprudenza, chi in altre facoltà... Abbiamo cominciato a fare musica assieme per il gusto di mescolare il rock e la nostra tradizione popolare calabrese. All’inizio, di fronte alla nostra proposta, parlavano di ”taranta-punk”: etichetta usata soprattutto quando nel ’94 è uscito il nostro primo album...».
Prosegue Voltarelli: «Eravamo un collettivo di studenti fuorisede, cresciuti nell’orgoglio del nostro dialetto, delle nostre radici: materiali da trattare sempre con ironia, senza restare legati a un discorso di genere. L’idea era quella di un gruppo e di un progetto aperto, anche con riferimento all’organico che col passare degli anni è mutato».
Un momento importante, per il gruppo calabrese, è stato l’incontro con Claudio Lolli, di cui hanno rifatto lo storico disco del ’77 «Ho visto anche degli zingari felici». «Lavorare con lui - spiega Voltarelli - ci ha fatto scoprire una persona semplice, schietta, solare, che continua a fare il suo lavoro di insegnante in un liceo di Casalecchio. Fra lui e noi c’è quasi una generazione di differenza, ma certi temi cantati dei suoi dischi (la piazza, l’abbondanza, l’idea dei fuorisede nella Bologna del ’77...) li abbiamo ritrovati come nostri, oltre che attualissimi...».
L’anno scorso, il gruppo ha realizzato un documentario sull’emigrazione calabrese in Germania, premiato al Torino Film Festival. «”Doichlanda” è il modo in cui gli emigrati calabresi - spiega ancora Voltarelli - usano chiamare la Germania. Un termine che indica anche un luogo che offre nuove possibilità di lavoro, un luogo divenuto per molti anni meta delle migrazioni calabresi. Noi abbiamo realizzato un viaggio, che alterna le immagini della nostra tournèe in Germania e le interviste ai nostri emigranti lassù. Nelle case, nei ristoranti calabresi di Germania gli emigrati raccontano la loro vita lontano dalla terra di origine, i problemi di inserimento e anche i successi, le soddisfazioni. Raccontano di una Calabria mai dimenticata».
Il concerto di stasera al Teatro Miela apre la rassegna «Ritratti italiani», che proseguirà venerdì 18 marzo con i goriziani Kosovni Odpadki, martedì 29 marzo con un reading dello scrittore vicentino Vitaliano Trevisan con l'attore triestino Fulvio Falzarano (al piano Riccardo Morpurgo) e venerdì 8 aprile con i romani Tetes de Bois. Quelli del «Parto» proseguono invece il loro tour: domani sera suonano all’Auditorium di Pordenone.
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