lunedì 21 maggio 2012

ADDIO A ROBIN GIBB, BEE GEES

Il destino sembra aver voluto unirli anche nell’estremo passo. Dopo la morte pochi giorni fa di Donna Summer, regina della disco music degli anni Settanta, se n’è andato anche Robin Gibb, altro protagonista di quell’epoca musicale e non solo musicale. Con i fratelli Barry e Maurice si era inventato quell’incredibile avventura planetaria chiamata Bee Gees. Un nome ch’era una sorta di acronimo dei Brothers Gibb, i fratelli Gibb. Robin aveva 62 anni, uno in meno della Summer. Anche lui sconfitto da un tumore, diagnosticato due anni fa.
Non ci sarebbe stata Febbre del sabato sera, senza i fratelloni australiani (ma erano nati nell’Isola di Man, Gran Bretagna) e senza la regina della disco. La storia della musica per ballare, delle discoteche, del divertimento sarebbe stata diversa.
Una famiglia sfortunata, quella dei fratelli Gibb. Andy, il più piccolo, quello che non era voluto entrare nella band ma aveva inciso tre album da solista, morto nell’88 a soli trent’anni. Maurice, gemello di Robin, scomparso nel 2003. Ora, dopo il nuovo lutto, dei quattro fratelli rimane soltanto Barry, il primogenito.
Tutta la storia era cominciata in Australia, dove la famiglia si era trasferita nel ’58. Nel ’60 nasce il gruppo, prima apparizione in tv. Fra il ’63 e il ’66 escono alcuni singoli (“Spicks and specks” finisce anche primo in classifica), poi i ragazzi - che facevano un po’ il verso ai Beatles - tornano in Inghilterra.
Dove il primo successo s’intitola “New York mining disaster 1941”, che va bene anche negli Stati Uniti. Il ’67 è l’anno del primo album (“Bee Gees 1st”) e del primo hit mondiale, “Massachusetts”, cui segue l’anno dopo “Words”. Entrambi spopolano anche in Italia.
Altri successi, baruffe fra fratelli, avventure soliste. Quando i tre si ripresentano assieme, nel ’71, il singolo “How can you mend a broken heart” fa di nuovo il botto in mezzo mondo. Bissato da successi come “Run to me” e “My world”, e dagli album “Trafalgar” e “To whom it may concern”.
Verso la metà degli anni Settanta, la svolta. Suoni più “black”, Barry adotta il falsetto che diventa un marchio di fabbrica della band, il grande successo degli album “Main course” e “Children of the world” (col brano “You should be dancing”). Ma soprattutto la colonna sonora del film “Saturday night fever”, la febbre del sabato sera, protagonista John Travolta nei panni di Tony Manero: trenta milioni di copie vendute (sui duecento complessivi in carriera), ventiquattro settimane consecutive ai vertici delle classifiche americane.
A cavallo fra i Settanta e gli Ottanta, i Bee Gees sono probabilmente il gruppo più popolare del pianeta. E arrivati in cima, non si può far altro che scendere (l’importante, come diceva Nilla Pizzi, è farlo piano, piano, piano...). Nell’83 esce la colonna sonora di “Staying alive”, il seguito di “Saturday night fever”. Robin si dedica alla carriera solista: l’album “How old are you?” e il singolo “Juliet” sono i successi maggiori, ma escono anche “Secret agent” e “Walls have eyes”.
Il suo ultimo lavoro, l’opera classica “The Titanic Requiem, è stato suonato per la prima volta il mese scorso dalla Royal Philharmonic Orchestra in occasione dei cent’anni dall’affondamento del Titanic.
Il resto è gestione del successo. Con altri dischi, tour miliardari, l’ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame, separazioni, riunioni e purtroppo malattie e lutti. L’ultimo, quello che porta via Robin, segna la definitiva parola fine a una vicenda già consegnata alla storia della musica.

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