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venerdì 30 novembre 2012
DE GREGORI, Sulla strada - raccolta FOSSATI
Difficile realizzare un nuovo disco “all’altezza” per un artista che, in quarant’anni di carriera, ha scritto tanta parte della miglior canzone d’autore di casa nostra. Altre volte Francesco De Gregori non ce l’ha fatta, restando al di sotto della sua fama e della sua storia (ogni riferimento a “Per brevità chiamato artista”, uscito quattro anni fa, è assolutamente volontario).
Stavolta il sessantunenne cantante e autore romano (lui “aborre” il termine cantautore...) firma invece un buon album, ben piantato nel presente ma con le radici doverosamente salde nel passato.
“Sulla strada” comincia con il brano omonimo, ballata elettro-acustica che ha anticipato qualche settimana fa l’album. Il nostro ha ammesso di aver letto soltanto da poco il capolavoro di Kerouac, pubblicato nel lontano 1957. Ma qui la Beat generation c’entra poco.
«Io mi sento musicista - spiega - solo andando in giro a suonare: ci sono quelli che fanno un solo concerto per ventimila persone, io preferisco farne dieci per duemila. È un fatto fisico. Il momento peggiore, per me, è quando sono fermo: ho come un senso di colpa, mi sento un perdigiorno».
Sulla strada, dunque, ma a “Passo d’uomo”, brano che sta a indicare la lentezza, ma anche la misura con cui camminare nella vita: un passo da esseri umani. “Belle epoque” è la storia di un sergente che festeggia, fra vino e bordelli, il passaggio dall’Ottocento al Novecento.
“Omero al Cantagiro” (con la voce di Malika Ayane) immagina il grande poeta presentarsi alla rassegna anni Sessanta sullo sfondo di ritmi latini, che si discostano dalle sonorità country-folk del disco.
“Guarda che non sono io” è una finestra sul rapporto non sempre facile dell’artista con il suo pubblico: «E io gli dico scusa, però non so di cosa stai parlando, sono qui con le mie buste della spesa, lo vedi che sto scappando, se credi di conoscermi non è un problema mio...». Archi scritti e diretti da Nicola Piovani.
“Ragazza del ‘95” (ancora con la voce di Malika) immagina il futuro in un mondo che sembra voler negare ai giovani la possibilità e il diritto di costruirsene uno, di futuro. “La guerra” è vista attraverso la quotidianità disperata di un soldatino. “Showtime” e “Falso movimento” parlano d’amore, ma alla maniera nobile di De Gregori.
Insomma, l’impressione è che l’artista abbia voluto raccontare qualcosa del suo Novecento, della sua (e nostra) Italia amata sin da tempi non sospetti (“Viva l’Italia” è del ’79, quando a sinistra il concetto di patria aveva controversa cittadinanza...), oggi compresa e accettata con difficoltà. Ma non sono io quello che ti spiega il mondo, ammonisce in “Guarda che non sono io”. Lo racconta bene, però.
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IVANO FOSSATI
“Live: dopo - tutto”
(Emi)
Con il tour concluso a marzo di quest’anno, Ivano Fossati sembra aver effettivamente posto la parola fine alla sua carriera di musicista che pubblica dischi e tiene concerti. Anche se, quando si parla di industria dello spettacolo, è sempre meglio andare coi piedi di piombo: un ripensamento è sempre possibile, e il mondo della musica è già pieno di infiniti ritorni.
Ce lo ricorda la casa discografica dell’artista genovese, che pubblica nei prossimi giorni un nuovo album che è la testimonianza della sua ultima tournèe e arriva a un annetto di distanza da quello che dovrebbe restare come il suo ultimo disco di inediti.
Anticipato nelle radio dal brano “Ho sognato una strada”, l’album comprende in tutto sedici canzoni registrate dal vivo per la prima volta, che coprono un arco di tempo che va dagli anni Settanta a oggi. Riascoltiamo “La crisi”, “Cara democrazia”, “Stella benigna”, “Carte da decifrare” e “L’orologio americano”, ma anche classici come “Viaggiatori d’occidente”, “La musica che gira intorno”, “La costruzione di un amore”...
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