Vent’anni dalla morte di John Cage, cento dalla nascita. Occasione doppia per ricordare uno dei più importanti musicisti del Novecento, capace con la sua opera, le sue intuizioni, le sue provocazioni di influenzare tutta la scena musicale contemporanea. Dal rock all’elettronica, dal pop alla house, dalla dance all’hip hop. Senza che gli attuali protagonisti di questi generi nemmeno se ne rendano conto.
Ma cominciamo da un aneddoto, legato alla sua partecipazione nel ’58 al telequiz “Lascia o raddoppia”, dove come esperto di funghi vinse cinque milioni di lire, un piccolo patrimonio, per l’epoca. In quell’occasione John Milton Cage (Los Angeles 5 settembre 1912, New York 12 agosto 1992) si esibì in un concerto chiamato “Water walk”, in cui gli “strumenti” erano una vasca da bagno, un innaffiatoio, cinque radio, un pianoforte, dei cubetti di ghiaccio, una pentola a vapore...
Dopo la domanda finale, uno sbigottito Mike Bongiorno lo festeggiò così: «Bravissimo, il signor Cage ci ha dimostrato che se ne intende di funghi. Non è venuto qui per fare esibizioni strambe di musica strambissima, quindi è un personaggio preparato. Arrivederci e buon viaggio, torna in America o resta qui?».
Nel suo italiano stentato, colui che sarebbe diventato il padre della musica contemporanea del Novecento rispose: «Mia musica resta». Mike non perse l’occasione: «Ah, ma era meglio che la sua musica andasse via e lei restasse qui...».
Per fortuna che non tutti la pensavano alla stessa maniera, in quegli anni e nei successivi. Da Schoenberg, che lo ebbe come allievo e lo definì “un inventore geniale”, a Brian Eno, che non ha mai nascosto il suo debito nei confronti dell’artista statunitense.
Che storia, la sua. Padre inventore, madre giornalista, da ragazzo sogna di fare lo scrittore, ma studia la musica dell’Ottocento e si appassiona al virtuosismo pianistico. A Parigi s’interessa di architettura, pittura, poesia. Scopre Stravinskij, Bach, Satie. Studia l’unione fra musica e teatro.
Torna negli States. A New York usa la tecnica seriale, a Seattle compone musiche per balletto, fonda un’orchestra di percussioni “improprie”, come tazzine, cerchioni di auto, contenitori di latta. La sua “Imaginary landscape no. 1” è un quartetto per piano, piatto e due fonografi a velocità variabile. Suscita qualche perplessità. Nulla al confronto di “Silence 4’33”, ovvero 4 minuti e 33 secondi di assoluto silenzio, opera composta nel ’48 che lui considerò sempre la sua più importante.
Il silenzio, i rumori, i suoni. Intuizioni e provocazioni nate nella sua “mente di principiante”. Definizione che amava, appresa dal suo maestro Shunryu Suzuki («Nella mente di un principiante ci sono tante possibilità, in quella di un esperto poche...»). Cage rifiuta la concezione della musica in quanto suono organizzato. Distrugge la figura del compositore, è all’antitesi dell’idea europea della musica, coniuga avanguardie e filosofie orientali, impegno politico e tematiche ambientaliste. In questo è di una modernità assoluta, è alla base di buona parte della musica contemporanea.
Molte iniziative per il doppio anniversario. Ne citiamo due, in Italia. Da oggi al 27 agosto, nel Salento, la nona edizione di Sound Res avrà per tema “Happy birthday John Cage”, con seminari, concerti, dibattiti. E la prossima edizione del Roma Europa Festival (dal 26 settembre al 25 novembre) sarà dedicata proprio alla musica e alle intuizioni del grande artista statunitense.
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