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martedì 17 marzo 2015
BOBBY SOLO, 70 anni
Bobby Solo raccontò anni fa al nostro giornale: «Mia madre, Maria Pettener, abitava a Trieste ma era di Monfalcone (la nonna era istriana - ndr). Mio padre si chiamava Bruno Satti, un cognome probabilmente d’origine austriaca. Viveva a Trieste, in centro. Ho ancora un cugino che abita in Largo Barriera Vecchia e una zia, Emma, che ha 95 anni ed è molto in gamba. La nonna è sepolta a Castelvenere, un paesino croato. Siamo triestini da dieci generazioni...».
Parte dunque dalle nostre terre la storia di uno dei più importanti protagonisti della musica leggera italiana dell’ultimo mezzo secolo, che domani gira la boa dei settant’anni.
Roberto Satti - questo il suo vero nome - è infatti nato il 18 marzo 1945 a Roma, dove la sua famiglia si era trasferita per motivi di lavoro del padre, che faceva il pilota per l’Alitalia. E fu sempre a causa della professione del papà, che all’inizio degli anni Sessanta, con il ragazzo ancora adolescente, che la famiglia di trasferì a Milano.
Ma nonostante gli anni trascorsi nelle due capitali, l’artista non ha mai dimenticato Trieste. Della quale in quella vecchia intervista ebbe modo di dire: «Ricordo le piazze, i piccioni, quei due..., Mikeze e Jakeze. E poi l’odore del porto, del mare, Grignano e Sistiana, le osterie. Guardavo questi signori che bevevano vino bianco. Sono cose dell'infanzia, avrò avuto otto anni».
Ancora Bobby: «A Trieste sono tornato dopo aver fatto “Una lacrima sul viso”. È una città molto elegante, molto bella, molto romantica. Ma nessuno è profeta in patria. Finora ho fatto poche cose a Trieste, forse perché non si è mai saputo di queste mie radici. Sono disposto anche a venire ospite di qualche associazione, a scopo di beneficenza...».
Da quella canzone, “Una lacrima sul viso”, per l’allora diciannovenne artista cominciò tutto. Sanremo del ’64, il cantante aveva debuttato l’anno prima con il 45 giri “Ora che sei già una donna” e “Valeria”, grazie al fiuto del discografico Vincenzo Micocci. Al momento della firma del contratto il ragazzo scelse di chiamarsi Bobby, senza cognome - pare - per rispetto del padre. “Bobby solo” (nel senso di “solamente”...) disse Micocci al momento della stipula: ma la segretaria che stava scrivendo capì male, e nacque così il suo nome d’arte.
Ma il caso aveva appena cominciato a scrivere il copione della sua carriera. Al Festival propone in coppia con Frankie Laine quello che sarebbe diventato un grandissimo successo: testo di Mogol e musica sua, ma non può firmarla in quanto minorenne (all’epoca la maggiore età era a ventuno anni) e non ancora iscritto alla Siae. Solo tanti anni dopo, nel ’91, riesce a riaverne i diritti.
La sera della sua esibizione si presenta con un filo di rimmel sulle ciglia (piccolo scandalo: erano altri tempi...). Ma un calo di voce gli impedisce la diretta, canta allora in play-back, cosa vietata dal regolamento. Forse anche per questo non vince, ma solo nel ’64 vende due milioni di copie del disco e comunque viene “risarcito” l’anno dopo, quando trionfa con “Se piangi se ridi”, in coppia con i New Christy Minstrels. E poi vincerà anche nel ’69 con “Zingara”, in coppia con Iva Zanicchi.
La sua carriera brilla di successo, in Italia ma anche all’estero, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta. Periodo in cui divide con Little Tony il titolo di “Elvis Presley italiano”. Poi soprattutto revival, senza rinunciare a qualche comparsata a Sanremo, ad altri dischi e a tantissime serate. Ora, padre di un bambino di due anni (ha già quattro figli grandi e otto nipoti), vive ad Aviano con moglie e bimbo.
Dice: «Non mi importa nulla di compiere settant’anni...». E si regala un nuovo disco: “Meravigliosa vita”, composto di nove inediti, tre di Mogol, quattro riletture blues dei suoi classici: “Se piangi se ridi”, “Non c'è più niente da fare”, “Gelosia” e ovviamente “Una lacrima sul viso”. Buon compleanno, Bobby...
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