«Ma-ia-hii, Ma-ia-huu, Ma-ia-hoo, Ma-ia-haa...». Ovvero: quando il tormentone esce dall’ambito canoro, per assurgere a fenomeno di costume. Sì, perchè a due mesi dal lancio sanremese, il temibile ritornello di «Dragostea din tei» (questo il titolo della canzone), della romena Haiducii, ormai impazza ovunque: alla radio, in tivù, nelle discoteche, per strada, persino fra i bambini.
Il salto di qualità - si fa per dire - è arrivato quando il refrain è stato inserito nella sigla di «Striscia la notizia». Prima, l’incomprensibile e intraducibile urlo era patrimonio soltanto degli appassionati di musica dance, che avevano mandato per la prima volta in vetta alle classifiche occidentali un brano in lingua romena. Poi, dopo l’adozione da parte della banda di Ricci, la diga è crollata...
Se l’onomatopeico refrain non significa nulla, il titolo «Dragostea din tei» vuol dire «Far l’amore sotto un tiglio». Il testo disegna surreali scenari di amori più o meno solitari e incompresi: «Pronto, ciao, sono io, un cavaliere, e ti prego, amore mio, ricevi la felicità. Pronto, pronto, sono io Picasso, ti ho fatto uno squillo e sono carino, ma sappi che non ti chiedo niente».
Non vi basta? Proseguiamo: «Vuoi andartene ma non mi prendi con te, il tuo viso e l’amore sotto il tiglio mi ricordano i tuoi occhi... Ti chiamo per dirti quello che sento adesso. Pronto, amore mio, sono io, la felicità. Pronto, pronto, sono di nuovo io, Picasso, ti ho fatto uno squillo e sono carino, ma sappi che non ti chiedo niente...». E poi sotto con un’altra urticante scarica di «ma-ia-hii, ma-ia-huu...».
Il brano è comunque una cover: l’aveva già inciso una boy band romena, gli O*Zone. Il successo è arrivato con la versione di Haiducii, nome d'arte della ventisettenne Paula Mitrache. Nata e cresciuta in Romania, vive da qualche tempo a Bari. Dice che ama la dance ma anche il jazz «e più in generale tutta la musica in grado di regalarmi emozioni e di farmi sognare».
La musica italiana lei l’ha sempre ascoltata: il Festival di Sanremo è sempre stato seguito in Romania, anche quando c’era il regime comunista. «Il Festival - dice la cantante - rappresenta un sogno per chi vive nel mio Paese. Da noi c'è una rassegna canora simile, chiamata Festival di Mamaia, a cui ho partecipato due volte, ma negli anni della dittatura non aveva lo stesso valore simbolico: in quel periodo Sanremo per noi era come un raggio di luce, uno spiraglio di libertà. Allora non avrei mai pensato di poter venire da protagonista in Italia...». E invece, grazie a ma-ia-hii...
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