Tutto va, tutto torna. Almeno nel campo della musica. E mentre il mondo delle sette note festeggia i cinquant’anni del rock (12 aprile 1954, Bill Haley incide «Rock around the clock», anche se per un po’ di tempo non se ne accorge nessuno...), la discografia fa i conti con un fenomeno su cui pochi, fino a qualche tempo fa, avrebbero scommesso qualche dollaro.
La notizia? Eccola. A sei anni dalla morte, ritorna clamorosamente in auge Frank Sinatra. No, non solo grazie al successo di vendite che continua ad arridere al catalogo lasciato da «The Voice», né con le raccolte e i dvd che un’industria discografica a corto di idee continua a sfornare, ma proprio grazie a nuovi artisti, nuovi interpreti che, direttamente o indirettamente, si ispirano alla lezione lasciata dal grande Frank.
Un’avvisaglia c’era stata già tre anni fa con Robbie Williams, che nel disco «Swing when you’re winning» era andato a spolverare i classici di Sinatra ma anche di Dean Martin e Sammy Davis Jr. L’ex Take That si era fatto affiancare nell’impresa dalla London Session Orchestra e da alcuni ormai anziani musicisti che avevano suonato con l’uomo di «My way», come il pianista ultraottantenne Bill Miller.
Una mezza sorpresa è stata anche ascoltare un vecchio rocker buono per tutte le stagioni come Rod Stewart venirsene fuori con due album di standard evergreen, chiaramente ispirati all’epoca dei grandi crooner, come «It had to be you... The great american songbook» e, un paio di mesi fa, «As time goes by - The great american songbook volume II».
Ma negli ultimi mesi il fenomeno è andato via via ingrossandosi. Negli Stati Uniti spopola il ventitreenne californiano Josh Groban, specializzatosi in un genere a metà strada fra pop e opera, già ribattezzato senza troppa fantasia «popera», che a sentirlo cantare sembra il fratello minore di Andrea Bocelli o un nipotino del vecchio Frank. Sempre negli States va forte Harry Connick jr, nelle classifiche con un album intitolato «Only you» e dedicato a grandi classici degli anni Cinquanta e Sessanta.
Non è finita. Anzi. Della lista fa parte a pieno titolo il ventisettenne Michael Bublè (canadese di Vancouver, con genitori originari di Treviso), da molti già considerato come il vero «re dello swing revival». Basti pensare che nella colonna sonora del film «Down with love», quella gradevole commediola con Renée Zellweger e Ewan McGregor che strizza l’occhio ai Sessanta e in italiano è stata intitolata «Abbasso l’amore», ci sono ben tre suoi brani. Per non parlare del successo internazionale che sta premiando il suo album omonimo: oltre tre milioni di copie già piazzate.
E poi c’è l’inglese Jamie Cullum, ventiquattro anni, già ribattezzato «il Frank Sinatra in scarpe da tennis», di cui è appena uscito l’album «Twenty something» (che nelle classifiche internazionali sta dando del filo da torcere nientemeno che a Norah Jones) e il cui tour europeo fa tappa lunedì in Italia, per un concerto all’Auditorium di Roma.
Non vi basta ancora? Ecco Peter Cincotti, appena vent’anni, newyorkese, anche lui di chiare origini italiane. Cantante e pianista, già definito da «People» come «l’uomo più sexy del pianeta», potrebbe ripercorrere i fasti sinatriani sul doppio binario musica & cinema: mentre l’album d’esordio, prodotto da Phil Ramone, è in testa alle classifiche jazz, Hollywood ha già messo gli occhi addosso al bell’italoamericano. Il giovane Cincotti è infatti nel cast di «Spiderman 2» e di «Beyond the sea», il film sul cantante Bobby Darin diretto e interpretato da Kevin Spacey, che uscirà in autunno.
E le signore? In questa corsa, diretta o indiretta, a far rivivere il mitico Frank, un piccolo tassello lo mettono anche loro. Basti pensare che l’americana ventenne Amy Winehouse (in promozione nelle settimane scorse anche in Italia, dove ha fatto un passaggio da Simona Ventura a «Quelli che il calcio») ha pensato bene di intitolare il suo disco d’esordio «Frank». E basta sentirla cantare per non avere il minimo dubbio su quale Frank avesse in mente...
Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Se anche i ragazzi di vent’anni, cresciuti a internet e hip hop, vanno a pescare dalle parti del ragazzaccio «blue eyes» nato a Hoboken, New Jersey, nel 1915. Forse ha ragione Jamie Cullum: «La musica ha un percorso ciclico. Il jazz e il pop hanno una storia molto lunga, hanno attraversato periodi in cui sembrava non avessero più nulla di nuovo da esprimere...». Salvo poi accorgersi che da certi giganti - Sinatra, Presley, Beatles... - non si può proprio prescindere.
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