domenica 29 agosto 2004

È finita a mezzanotte e mezzo, ieri sera in piazza Unità, di fronte a qualche migliaio di persone, la tre giorni triestina del «Tim Tour 2004». È finita con la sensibilità rock al femminile di Irene Grandi, che in un’ora di show ha proposto i suoi maggiori successi («La tua ragazza sempre», «Prima di partire per un lungo viaggio», «Bum bum»...), alcuni brani solo apparentemente minori («Oltre», «È solo un sogno», «Buon compleanno»...) e a sorpresa anche una cover di un brano dei Tears for Fears, l’intensa «Woman in chains».

Prima della cantante fiorentina - e dopo il promettente nuovo rock italiano dei Nucleo e dei Rio - buone vibrazioni hanno attraversato la piazza con Kc and the Sunshine Band. Ventuno persone sul palco per far rivivere l’epopea della grande «disco music» (allora non si chiamava «dance»...) degli anni Settanta, malata di suoni neri, di rhythm’n’blues e di funky. Il cantante e leader Harry Wayne Casey (per gli amici Kc) è assieme al batterista l’unico superstite della formazione originale, ma il risultato è ancora all’altezza delle aspettative suscitate dai 75 milioni di dischi venduti in tutto il mondo. A Trieste apertura con «Shake your booty» e poi sotto con «Give it up», la ballad «Please don’t go», «I’m your boogie man», «That’s the way (I like it)»... Tosti al punto giusto.

Ma torniamo a Irene Grandi. Che premette: «Condurre il Festivalbar è stata una scommessa. Spero di averla vinta e sto preparando qualche sorpresa per la finalissima all’Arena di Verona. Chissà, magari convinco Marco Maccarini a fare un duetto...». E poi chiarisce: «Ma è un’esperienza che considero comunque una parentesi: di mestiere io canto, e stop. Sono già al lavoro per le canzoni del nuovo album, che dovrebbe uscire la primavera prossima. E comunque anche quest’estate ho alternato le tappe della manifestazione al mio tour...».

«L’idea di trasformarmi per un’estate in conduttrice - spiega Irene, trentacinque anni a dicembre - è stata di Andrea Salvetti e del suo staff. Al Festivalbar avevo già partecipato tante volte, mi ero fatta conoscere e spero apprezzare al di là dei tre minuti sul palco. Fatto sta che a primavera mi hanno fatto questa proposta...».

Dubbi prima di accettare?

«No, ho capito che il loro intento era trasferire nella conduzione quel divertimento, quell’allegria che avevo già portato negli anni precedenti come cantante. Le prime puntate sono state le più difficili: ci ho messo un po’ di tempo per entrare in una dimensione diversa».

Ha visto i suoi colleghi in una luce diversa?

Sì, al Festivalbar c’è un’atmosfera più rilassata, direi quasi estiva, rispetto a un Sanremo, ma è vero quel che si dice sul fatto di giocarsi tutto in tre minuti. Il conduttore parla, scherza, entra ed esce dal palco. Il cantante ha a disposizione quella canzone e basta».

Intanto lei ne ha approfittato per fare diversi duetti: prepara un disco...?

«Chissà, potrebbe essere un’idea. Devo dire che sono stati tutti molto disponibili. Nelle varie tappe ho duettato con Piero Pelù, con gli Articolo 31, e ancora con Biagio Antonacci, Raf, Max Pezzali, Le Vibrazioni...».

Con Pino Daniele no...

«No, con Pino no. Con lui c’era stato anni fa il duetto in «Se mi vuoi», in un suo disco. Ma è stata una storia che non ha avuto il tempo di svilupparsi. Un incastro difficile, che non ha avuto un seguito. Diciamo che non ci siamo capiti...».

Con Vasco, invece...

«Beh, con lui è un’altra storia. Abbiamo tante cose in comune, anche nel modo di vivere i concerti sul palco, e la collaborazione è stata più profonda. Poi mi ha fatto felice quando ha dichiarato in un’intervista che lui, se fosse una donna, sarebbe come Irene Grandi. Allora, solo dopo quella sua affermazione, mi sono permessa di dire che mi considero l’anima femminile di Vasco Rossi...».

Che magari potrebbe scriverle una terza canzone?

«Magari. Del resto, non c’è due senza tre... Scherzi a parte, Vasco ha scritto per me ”La tua ragazza sempre” e ”Prima di partire per un lungo viaggio”, che sono e rimangono due episodi importantissimi della mia carriera».

Carriera che cominciò con le Matte in Trasferta...

«Sì, erano i primissimi anni Novanta, cantavo con tre amiche. Una di loro, Simona Bencini, quella che faceva parte dei Dirotta su Cuba, esce a settembre con un album solista, nel quale cantiamo assieme una sua canzone. Una storia romantica, delicata, sull’amicizia».

Ma lei non era una donna rock?

«Sì, ma questo non vuol dire mica che sono un maschiaccio. Racconto una donna forte, protagonista, che vuole vincere. Ma che ha anche un lato dolce e sensibile».

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