venerdì 27 agosto 2004

Piero Pelù era ieri il protagonista più atteso della prima serata del «Tim Tour 2004». E quando alle 23.20 è salito finalmente sul palco - dopo i debuttanti, i comici, Peppe Quintale e i tanti personaggi di questo enorme spettacolo televisivo itinerante - piazza Unità era veramente gremita di folla. Migliaia e migliaia di persone, a perdita d’occhio.

Il rocker toscano ha aperto con «Fata morgana», offrendo un’ora abbondante di show tirato, vibrante, un concentrato del concerto che sta portando in giro per l’Italia. Fra i brani del nuovo album, «Soggetti smarriti», non poteva mancare «Prendimi così». Fra i classici «Toro loco» fa sempre la sua figura. E durante «Il mio corpo che cambia», un brivido ha attraversato la folla per la performance di Tobias, artista di strada proveniente da Los Angeles, che si è infilato in gola come se niente fosse mezzo metro di spada...

Per Pelù - che ha concluso lo show a mezzanotte e mezzo - si è trattato di un ritorno a Trieste, dove ha suonato più volte con i Litfiba e dove un mese fa ha anche girato il suo nuovo video «Dea musica», in programmazione da settembre. «Ci serviva un luogo - spiega Piero, che si aggiunge così a Ligabue, Tiziano Ferro, Elisa e Daniele Silvestri, fra gli artisti che hanno recentemente girato un videoclip a Trieste - che rappresentasse una società troppo razionale, dove tutto viene controllato e dove la musica viene messa al bando. Gli edifici di Rozzol Melara ci sono sembrati perfetti. È una realtà architettonica incredibile. Si respira un’aria di marginalità forzata, che fra l’altro contrasta con l’immagine che ho di Trieste: grande porta aperta verso l’Est, un po’ Istanbul e un po’ Vienna...».

Con «Soggetti smarriti» sembra aver fatto pace con il suo passato...

«Sì, dopo la fine della storia con i Litfiba avevo fretta di fare cose diverse, di sperimentare, di cercare nuove strade musicali. Ora mi sento più tranquillo, più forte, al punto da poter recuperare canzoni del periodo con il mio ex gruppo. Oggi propongo una musica che sta a metà strada fra il mio passato coi Litfiba e i miei primi due dischi solisti. È sempre ”med-rock”, rimaniamo mediterranei al di là delle definizioni, sia con la chitarra elettrica che con gli strumenti etnici».

Ma i fan sognano sempre una «reunion»...

«Quella credo sia impossibile. Non ci sono i presupposti umani, prim’ancora che musicali. Per tenere in piedi una band ci devono essere delle affinità umane, che fra noi un tempo c’erano e oggi non ci sono più. A me interessa fare musica, senza guardare agli interessi economici e a chi li muove».

Scelta politica?

«In un certo senso. Anche se io ho sempre rifiutato di accomunare musica a politica, che sono a mio avviso diametralmente opposte. La prima è un’espressione artistica, libera per definizione. La seconda è al servizio delle multinazionali e - appunto - dei loro interessi enonomici. Poi per fortuna ci sono le idee, anche le idee politiche, che si possono esprimere anche attraverso la musica».

Anche in canzoni come «Occhi»...

«Sì, quella è una ballata sugli sbarchi dei clandestini nel nostro Sud, poveracci che qualcuno vorrebbe scacciare e che invece vanno accolti. Un brano che mi è stato ispirato da un viaggio sulla costa ionica calabrese, dove resistono tradizioni antichissime e dove ho visto il relitto di un barcone che era arrivato zeppo di cingalesi...».

Stasera «Tim Tour» propone il Trio Medusa (quelli delle «Iene») e la musica di Testata Nucleare, Khia, Db Boulevard, Danny Losito, Roberto Angelini, Haiducii, Datura, 2 Black, Paps N Skar e Gemelli Diversi. Domani gran finale con Irene Grandi.

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