Bruce Springsteen, meno cinque. Sale la febbre per il concerto triestino, lunedì alle 21 allo Stadio Rocco. Il popolo del Boss arriverà da mezza Europa, e si mischierà ai seguaci triestini e regionali. Alcuni dei quali, lo zoccolo duro, sono già andati già a vederlo nelle precedenti tappe europee (Siviglia, Barcellona, Berlino, Francoforte...) e non si perderanno i primi due concerti italiani del tour: domani a Milano, domenica a Firenze.
Per ingannare l’attesa, attingiamo al nostro taccuino degli appunti e torniamo al 16 febbraio, quando abbiamo assistito alla presentazione in anteprima per la stampa europea (solo sei giornalisti italiani) del nuovo album “Wrecking ball”. Oltre al Boss, tonico e in forma, che ancora ricordava la grappa assaggiata nel 2006 a Villa Manin e nel 2009 a Udine, c’era anche il suo manager Jon Landau, passato alla storia per la frase “Ho visto il futuro del rock’n’roll, il suo nome è Bruce Springsteen”.
Era il maggio 1974, il rocker del New Jersey aveva da poco pubblicato i suoi due album d’esordio, “Greetings from Asbury Park, N.J.” e “The wild, the innocent, and the E Street Shuffle”. Una sera l’allora critico musicale Landau andò ad assistere al concerto di quel ragazzo di cui aveva sentito parlar bene all’Harvard Square Theatre di Cambridge, Massachusetts, e scrisse la famosa frase sul “Real Paper” di Boston. La leggenda vuole che il giorno dopo mollò tutto e andò a fare il manager, produttore e consigliere di Springsteen.
«Bruce - ha detto Landau a febbraio a Parigi - non è mai stato così esplicitamente politico come in questo “Wrecking ball”. Nel disco ha voluto assicurarsi che la gente capisse bene il suo punto di vista sulla situazione americana attuale. È molto specifico e focalizzato sul contesto che conosce bene, non si sarebbe mai espresso in certi termini se avesse conosciuto tali situazioni in modo vago. Le prove dal vivo sono state fantastiche, la band suona davvero bene. Penso che “Wrecking ball” occuperà molto spazio nei concerti del prossimo tour, e poi Bruce pescherà dall’archivio. Nella scaletta vedrei bene anche un paio di pezzi delle “Seeger sessions”: musicalmente c’è una forte connessione, potrebbero quasi fare da ponte tra il nuovo album e il catalogo. “Wrecking ball” è per me una sorta di “Seeger sessions” con pezzi di Bruce. Originali, ma con quel genere di folk».
Ancora Landau: «Quella mia frase? Quando l’ho scritta conoscevo già un poco Bruce. Era in difficoltà, sembrava stesse per essere scaricato dalla casa discografica, io ero tra i critici più considerati in quel periodo. Scrissi la frase sull’onda dell’emozione di un concerto e per aiutarlo, perché volevo sentire il suo prossimo disco». Che fu “Born to run” (’75), quello della consacrazione.
«Bruce - concluse Jon Landau a Parigi - ha un rapporto particolare con l’Italia, nato nel giugno ’85, dopo il famoso concerto di Milano: fu uno dei nostri migliori concerti di sempre, forse il pubblico migliore che abbiamo mai avuto. E Bruce disse: non andremo mai più in tour senza passare dall’Italia...».
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