Compie oggi sessant’anni Gianni Morandi, il figlio del ciabattino comunista di Monghidoro. Che quando quel ragazzino dalle mani grandi quanto la voce, all’inizio degli anni Sessanta, portò a casa i primi soldi guadagnati con la musica, gli disse di restare con i piedi per terra, che tanto non sarebbe durata, che di lì a poco sarebbe tornato anche lui nella bottega da calzolaio di suo padre, che la domenica mattina andava a fare la diffusione militante dell’Unità...
Non avrebbe potuto immaginare, il babbo di Morandi, che quella di suo figlio sarebbe stata una delle carriere in assoluto più lunghe della musica leggera italiana. Di più: un pezzo di storia del nostro Paese, un monumento della canzone, dietro all’eterno ragazzo sorridente il cui volto rimanda al ricordo del boom economico degli anni Sessanta.
Quarantadue anni son passati, da quel ’62 della sua vittoria al Festival di Bellaria, dai primi 45 giri («Andavo a cento all'ora», «Fatti mandare dalla mamma»...) per la Rca, dalla consacrazione arrivata nel ’64 con la vittoria al Cantagiro con «In ginocchio da te»... Poi i milioni di dischi venduti, le tournèe anche all’estero, i film musicali, il matrimonio con Laura Efrikian, il servizio militare fatto con la partecipazione di mezza Italia, le Canzonissime, le sfide con Claudio Villa...
Da allora, la carriera di Morandi ha avuto solo una breve parentesi negli anni Settanta, quando il gusto musicale giovanile dell’epoca e lo stretto legame fra musica e politica lo fecero apparire di colpo «vecchio» (ad appena trent’anni...), inadeguato alla nuova scena musicale, legato a quella sua faccia da bravo ragazzo che per la prima volta non pagava più.
A differenza di tanti suoi colleghi, piuttosto che diventare patetico tentando di raschiare il fondo del barile, in quegli anni seppe farsi da parte. Ne approfittò per andare a studiare contrabbasso e composizione al Conservatorio, lui che la musica non aveva potuto studiarla da ragazzino perchè in famiglia di soldi non ce n’erano (e con quelli arrivati grazie ai suoi dischi, il primo acquisto importante fu il frigorifero, mentre lui avrebbe voluto la Cinquecento...).
La pausa, per Morandi, durò poco. All’inizio degli anni Ottanta il suo feeling con il pubblico riprese. E non si è ancora interrotto, confermandolo come uno dei protagonisti di primissimo piano della canzone e dello spettacolo italiani del dopoguerra.
Se ne è avuta l’ennesima conferma poche sere fa, con quei sei milioni e mezzo di telespettatori che hanno assistito alla sua serata musicale su Canale 5. Ma anche il successo di vendite che sta premiando «A chi si ama veramente», il suo nuovo disco appena uscito, arrivato a due anni di distanza dal precedente «L’amore ci cambia la vita», la dice lunga sul seguito che Morandi continua ad avere dal pubblico italiano.
«Avevo delle idee che mi piacevano molto - spiega Morandi - così con Marco Falagiani ho scritto ”Cassius Clay”, un omaggio a un mito dello sport che ho incontrato trent’anni fa. Poi con Fortunato Zampaglione ho scritto ”L'allenatore”, omaggio a una figura che fa da parafulmine a tante tensioni diverse...».
Dice ancora il cantante: «Continuo a fare volentieri questo lavoro. In fondo non lo faccio per me, ma per la gente che ascolta la mia musica. Se mi accorgessi che non c'è più un pubblico che ascolta Gianni Morandi, smetterei...».
Insomma, Morandi non molla. Del resto, se il disc-jockey Linus gli ha affidato il ruolo di generatore di energia in «Natale a casa Deejay», il film con cui la sua emittente festeggia gli ottant’anni dell'invenzione della radio, un motivo deve pur esserci...
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