giovedì 2 dicembre 2004

LOCALI MUSICALI TRIESTE

Seratina musicale in un locale del centro cittadino. Un gruppo che suona, un pubblico più o meno giovane che ascolta. Sono da poco passate le undici quando si presentano i vigili urbani. Solita trafila: i vicini di casa si sono lamentati, il rumore, il disturbo alla quiete pubblica... C’è anche il rischio di una multa al gestore (che per mettersi in regola ha già dovuto pagare Siae ed Enpals, oltre al compenso ai musicisti), ma intanto la serata musicale viene prematuramente interrotta. Lasciando l’amaro in bocca ai presenti.
Quella descritta non è un’eccezione, rischia di diventare una regola delle serate triestine. Fino a che arriveremo al punto - già ci siamo vicini - in cui nessuno si arrischierà a organizzare serate di musica dal vivo. Sì, perchè Trieste, città notoriamente a prevalenza di anziani, è un territorio pensato e gestito a misura di adulti e anziani. I giovani non sono graditi, disturbano, fanno casino. Insomma, se ne devono andare.
E infatti se ne vanno. La vita giovanile di città vicine, come Gorizia, Udine, Pordenone, ma anche Capodistria e Lubiana, non è comparabile con quella (non) offerta dal capoluogo giuliano. Dove il teatrino dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni - baricentro della vita giovanile negli anni Settanta e Ottanta - è perennemente in fase di restauro. E il Teatro Miela rischia lo sfratto.
«A Trieste non esistono centri giovanili - afferma Federico Bonfanti, 24 anni, laureando in economia ma anche chitarrista attivo all’interno del Pag, Progetto Aggregazione Giovanile - e i ragazzi che suonano, o anche che vogliono semplicemente ascoltare musica dal vivo, vanno spesso in trasferta. In Slovenia sono molto più occidentali ed europei di noi. E a Villaco ci sono ben tre centri della gioventù...».
La storia del Pag merita di essere ricordata. Nato nel ’92 dall’esigenza riconosciuta da tutti - Comune in testa - di garantire spazi aggregativi alla popolazione giovanile della città, solo nel 2000 ebbe a disposizione - dopo varie promesse, fra cui quella di Villa Sartorio - uno spazio all’interno del ricreatorio De Amicis, in via Colautti (zona piazzale Rosmini). Sale prova, seminari, zona lettura, piccoli concerti... Fino a che un giorno ospitano un dibattito organizzato dal Gruppo anarchico Germinal dopo la proiezione del film «Fragole e sangue». Risultato: il Comune sposta baracca e burattini a Borgo San Sergio, in periferia, dove l’attività non decolla e si presentano subito vari problemi logistici. Seguono nuovi traslochi prima in un appartamento in via Carducci e poi a Opicina, dove i ragazzi del Pag si trovano tuttora, in via di Monrupino.
«In via Colautti - spiega l’assessore comunale Angela Brandi - c’erano innanzitutto problemi di convivenza coi bambini del ricreatorio. L’entrata era comune, lo spazio esterno anche, e molti genitori si erano lamentati della vicinanza forzata fra ragazzi grandi e bambini. Il dibattito organizzato dal Gruppo Germinal non ha aiutato: la convenzione non prevede la presenza di gruppi politici...».
La mancanza di sale prova è un altro degli aspetti del problema. «Stiamo tentando di sfruttare la rete dei tredici ricreatori comunali - prosegue la Brandi - che in altre città non esistono. Al Toti, a San Giusto, che è stato appena ristrutturato ed è dedicato ai ragazzi più grandi, stiamo cercando le risorse per allestire una sala prove attrezzata. Che già esiste al Pitteri di San Giacomo, al Cobolli di strada vecchia dell’Istria e al Ricceri di Borgo San Sergio, dove presto apriremo un centro di aggregazione giovanile. Al Gentilli, a Servola, stiamo pensando a un progetto serale denominato ”Ricre-rock”...».
«L’esperienza che abbiamo avviato - conferma Antonella Brecel, coordinatrice del ricreatorio Toti - è positiva. Possiamo contare su un bel piazzale panoramico e su un teatrino, che ci permettono di ospitare rassegne e spettacoli d’estate e d’inverno. L’obiettivo è quello di offrire un punto di aggregazione ai ragazzi dai tredici ai diciannove anni».
Molti giovani che suonano gravitano sulla Casa della Musica, la moderna e funzionale struttura comunale di via dei Capitelli (zona piazza Cavana), gestita dalla Scuola di Musica 55. «Le nostre quattro sale prova - spiega il direttore Gabriele Centis - funzionano a pieno regime. Sono tutte attrezzate con gli strumenti e sono disponibili a tariffe agevolate: con gli abbonamenti si pagano otto euro l’ora. Un costo accettabile anche per un’utenza giovanile. A questa attività si aggiunge quella dello studio di registrazione, dove è possibile realizzare un disco con la garanzia di alti livelli di professionalità. E ovviamente l’attività della scuola di musica, che conta su oltre seicento allievi di ogni età...».
Insomma, il Comune offre i ricreatori e la Casa della musica. E la Provincia? «Noi non abbiamo strutture - segnala l’assessore Guido Galetto -; oltre al teatrino (per ora chiuso) dell’ex Opp, abbiamo solo l’edificio che ospita il Teatro Miela. Sul quale, come si sa, è in atto un contenzioso...».
Ma torniamo ai locali dove è sempre più difficile ascoltare musica. «A Trieste mancano posti che garantiscano una continuità - dice ancora Centis -, con veri e propri cartelloni musicali, come esistono in Veneto e in altre regioni, da noi non esistono. Alla base ci sono le difficoltà burocratiche ed economiche che gravano sui gestori. I quali, oltre a pagare i musicisti, devono essere in regola con la Siae, pagando i diritti d’autore sui brani eseguiti, e anche con l’Enpals, l’ente di previdenza dei lavoratori dello spettacolo. Aggiungi l’imprevisto dei vigili urbani che si presentano alle undici o a mezzanotte, chiamati dai vicini, e si comprende perchè sono sempre più rari i gestori che propongono musica dal vivo nei loro locali...».
Fra questi, anche chi era partito con le migliori intenzioni, è costretto ad ammainare la bandiera della musica dal vivo. «Avevamo cominciato nella primavera del 2000 - ricorda Corrado Savio, patron dei Macaki, in viale XX Settembre - e per qualche mese siamo andati avanti con serate di musica dal vivo, con gruppi locali ma anche nazionali, quasi ogni sera. Non abbiamo trovato una risposta di pubblico tale da permetterci di continuare su questa strada. Le lamentele dei vicini, con conseguente intervento delle forze dell’ordine, hanno fatto il resto».
«Allora abbiamo modificato la nostra proposta - prosegue Savio, negli anni Settanta protagonista di primo piano del mondo delle radio private triestine - puntando sulle serate con dj, feste a tema, cene con intrattenimento musicale... Un mese fa, nella notte di Halloween, mi sono fatto ritentare dalla musica dal vivo. Non l’avessi mai fatto: alle undici, puntuali come orologi svizzeri, sono arrivati i vigili...». Proprio come accade alla Corsia Stadion in via Battisti, o al Naima di via Rossetti, o all’Hip Hop a Montebello.
Una storia simile è quella del «Punto G» di via Economo, vicino Campo Marzio, dove la fantasia del gestore Alberto Marra (che già da anni propone musica e cabaret da Spetic, a Cattinara...) ha trasformato un piccolo cantiere navale da anni in disuso in un locale che farebbe la sua figura anche a Roma o a Milano. «Abbiamo aperto due anni fa - spiega Marra - puntando sul discobar con musica e cabaret. Visto che siamo completamente insonorizzati, non avevamo problemi con i decibel emessi. Anche la magistratura aveva verificato che i suoni erano a norma. Ma la nostra clientela aveva il vizio di fermarsi nei pressi nel locale, anche dopo l’orario di chiusura, suscitando le proteste dei vicini e l’intervento dei vigili. Dunque...».
Dunque anche in questo caso si è cambiata tattica. Non più discobar con chiusura alle quattro del mattino, ma pizzeria con musica e cabaret di contorno. E i vicini non si lamentano più. Per ora.

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