domenica 7 marzo 2004

Disintossicarsi da S...

Disintossicarsi da Sanremo e magari anche dalla televisione? Si può.
Magari andando a vedere un concerto di Gianni Morandi, come hanno fatto i
triestini (anzi, soprattutto le triestine...) che hanno gremito ieri sera il
Politeama Rossetti - si replica oggi - e gli udinesi (le udinesi...) che
l’altra sera affollavano il palasport friulano.
Erano tre anni che il Gianni nazionale non arrivava in tour da queste parti.
Nel frattempo ha fatto un disco nuovo, «L’amore ci cambia la vita», e uno
show televisivo del sabato sera. Per un po’ se n’è stato in disparte. Giusto
il tempo per farsi tornare la voglia di avere un pubblico davanti, in un
teatro.
Per l’ennesimo spettacolo, per l’ennesimo tour, stavolta si è inventato un
recital cantato e raccontato in maniera confidenziale, un concerto acustico
in cui, fra una canzone e l’altra, dialoga con una sorta di suo alter ego,
Gianluigi (lo sapevate che è questo il suo vero nome...?), su temi svariati:
dal successo che in una breve fase della sua quarantennale carriera non
c’era più (ed ecco che da quel periodo arriva la malinconica «Canzoni
stonate») all’amore, dagli acciacchi dell’età al mito americano, dal
rispetto per le persone «che vanno più lentamente» alla tivù spazzatura. Con
lui, su un palco arredato da una poltrona bianca e una lampada, Adriano
Martino alla chitarra acustica (figlio del grande Bruno Martino), Alessandro
Gwis al pianoforte e la cantante Federica Camba.
Morandi attacca con «L’amore ci cambia la vita» (con le basi preregistrate),
che poi chiuderà anche lo spettacolo come ultimo bis. E nel corso dei due
tempi infila diverse canzoni dell’ultimo disco: «L’amante» e «Abbracciami»,
«Una vita normale» e «Il mio amico» (dedicato a un ragazzo down), «Dimmi
adesso con chi sei» e «Questo grande pasticcio»...
Poi ci sono i successi, diciamo così, recenti ma non antichi: «Io sono un
treno» e «Grazie perchè», «Vita» e «Bella signora», «Fino alla fine del
mondo» e «In amore» (Sanremo ’95), «La storia mia con te», «Banane e
lampone», «Uno su mille ce la fa» (anno ’85, che chiude la scaletta prima
dei bis)...
Ma come sempre accade, la gente ha pagato il biglietto soprattutto per le
vecchie canzoni. E infatti, anche in questo spettacolo, come in tutti quelli
passati, gli applausi più forti e le strofe cantate in coro arrivano con «Se
perdo anche te» (anno 1967, versione italiana di «Solitary man», ballata di
Neil Diamond), con «Un mondo d’amore», con «Occhi di ragazza», con «Se non
avessi più te», con l’immancabile «C’era un ragazzo che come me amava i
Beatles e i Rolling Stones»...
Un’altra manciata di classici è in serbo per i bis: «La fisarmonica» e «Non
son degno di te», «In ginocchio da te» (che nel ’64 era destinata a fare il
«lato b»...) e «Scende la pioggia». Ma prima di infilare il gran finale,
nell’ennesimo dialogo autoironico fra Gianni e Gianluigi, spunta quello che
probabilmente è il pensiero fisso di Morandi da un po’ di tempo a questa
parte: «Ma quanto hai intenzione di andare ancora avanti?», chiede più o
meno l’alter ego al protagonista. Che non perde occasione per far
riferimento alla propria età...
Sì, a dicembre Morandi fa sessant’anni. Ma oltre alla strepitosa e
invidiabile forma fisica, sembra aver ancora voglia di fare e curiosità da
vendere. L’ennesimo trionfo triestino, ieri sera, ne è solo una della
conferme.

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