Seconda serata del 54° Festival di Sanremo nel segno di Dustin Hoffman.
Arriva pochi minuti dopo le ventidue, accolto da una standing ovation.
Insomma, dopo tanti forfait, finalmente una star. Di quelle vere. Anche se
quando Simona (anzi, chiamiamola anche noi «Mona», come fa Paola
Cortellesi...) Ventura lo annuncia, prima di vederlo in primo piano, hai il
dubbio se entra quello vero o Maurizio Crozza, che purtroppo ieri sera non
s’è visto.
«Mona» cerca disgrazie: «Prima di venire qui, conoscevi il Festival di
Sanremo?». Prima risposta: «No». Poi: «Sì, no, sì...». Una risata e un
applauso chiudono la questione. Poi, perfida: «Ma tu a Hollywood hai mai
conosciuto un certo Tony Renis?». La gag è ovviamente preparata, Dustin sta
al gioco, si fa fare lo spelling del nome, poi sentenzia: «No, non
esiste...». La scenataccia di gelosia messa in scena con una strepitosa
Paola Cortellesi nei panni dell’amante abbandonata («Dustin, dietro questa
bomba sexy c’è una donna... paga almeno il conto del motel...») è la
ciliegina sulla torta.
Prima dell’attore americano, che nel corso della serata fa una seconda
uscita in coppia con Gene Gnocchi, le cose sono andate nel solco tracciato
la sera prima. Ventura più rilassata, rinfrancata dai dati Auditel. Anche se
apre con una mezza gaffe quando legge la classifica provvisoria con Marco
Masini in testa: «Di solito il favorito porta sfortuna», dice, ritornando
così sulle voci che hanno quasi rovinato la carriera del cantante toscano.
I mini-filmati di Gene Gnocchi, con le star che annunciano i cantanti,
mostrano ormai la corda: al primo sorridi, al ventesimo la misura è colma
già da un pezzo... Del resto, la formula «Quelli che il calcio» applicata a
Sanremo è la costante di questa edizione, nel bene e nel male.
Ma vediamo i rimanenti undici cantanti in gara. Andrè con i suoi sedici anni
è il più giovane: «Il nostro amore» è una ballata sentimentale deboluccia,
incerta, quasi retorica nel testo. Forse piacerà alle ragazzine, ma solo
perchè è un bel ragazzo. Sorrisi per il filmato di Gnocchi dove si scopre
che in realtà Andrè è Mino Reitano con una maschera...
Tutt’altra musica con Adriano Pappalardo. Il grande vecchio spara «Nessun
consiglio», una canzone che è un inno alla vita, all’uomo che non deve
chiedere mai. Un minishow televisivo all’insegna dell’effetto,
dell’irruenza, dell’aggressività. Pessimo e perfetto al tempo stesso.
Atmosfera più rilassata con Mario Rosini. Ha fama di raffinato pianista
jazz, ma con «Sei la mia vita» sembra più un Gigi D’Alessio stanco. Che non
lascia traccia. Dopo l’esibizione dimentica il codice per il televoto che
tutti i cantanti, sollecitati da «Mona» Ventura, ricordano al popolo. Lo
soccorre Gene Gnocchi: «So che è a barre...».
È il turno di Massimo Modugno. Il supporto di due Gipsy Kings non basta a
trasformare la sua «Quando l’aria mi sfiora», dai toni spagnoleggianti, in
una canzone degna di nota. Discorso diverso ma analogo per Simone: ispirarsi
a Vasco Rossi (e averne sentito le canzoni quando la mamma lo accompagnava a
scuola...) non è sufficiente a far decollare «E’ stato molto tempo fa».
Meglio Omar Pedrini. L’ex cantante dei Timoria canta «Lavoro inutile», rock
malinconico, di buon spessore e di un certo fascino.
È il turno di Linda, l’altra donna del Festival di quest’anno. Pesca nella
musica nera, ha un bel vocione stile Anastacia (vabbè, non esageriamo...),
«Aria sole terra mare» le permette comunque di vincere il confronto con
l’inutile Veruska della sera prima. Le cose migliorano con Pacifico: «Solo
un sogno» è un’elegante ballad che si dipana su un intrigante tessuto
elettronico. Lui sembra timidino, emozionato, ma lascia il segno.
Hanno completato la serata - oltre agli ospiti: gli Aventura e la rumena
Haiduchi - il melodico Daniele Groff («Sei un miracolo»), l’ex supercafone e
modesto Piotta («Ladro di te»), il crepuscolare Bungaro («Guardastelle»).
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