Stasera a Reggio Emilia, domani a Milano, martedì al «Nuovo» di Udine. Il tour mondiale di David Byrne comincia dall’Italia, a conferma dell’amore del musicista scozzese (ma newyorkese d’adozione) per il nostro Paese. «Partirò il primo giorno di primavera - ha detto l’ex Talking Heads, classe 1952 - e a quella serata seguirà un lungo viaggio nel vostro Paese». Infatti, dopo la tappa nel Friuli Venezia Giulia, sono previsti concerti anche a Roma, Catania, Torino...
Musicista, ma anche regista («True stories»...) e fotografo (come i triestini ricordano bene, visto che ha tenuto delle mostre al Museo Revoltella e alla Galleria Lipanje Puntin...), Byrne ha appena pubblicato il disco «Grown Backwards». Saranno dunque i brani del nuovo disco a fare da fulcro alla scaletta dei concerti italiani. Ma conoscendolo, non mancheranno brani dei Talking Heads e della sua carriera solista, fra cui quelli del recente «Look Into The Eyeball».
La nuova produzione è parsa ad alcuni un ritorno al passato. Un’impressione confermata e per certi versi spiegata da questa dichiarazione dell’artista: «A volte si va avanti guardando indietro...».
Ma nel passato di Byrne, restando all’ambito musicale, ci sono moltissime cose. Con le sue «Teste Parlanti», a cavallo fra gli ultimi anni Settanta e l’alba degli Ottanta, ha coniugato con nevrotica intelligenza e indiscutibile genialità rock, funky e new wave (manifesto di quel periodo, l’insuperato «Remain in light»). Poi si è innamorato delle contaminazioni etniche e in particolare dei ritmi latinoamericani (soprattutto con un disco-capolavoro come «Rei Momo»). Successivamente ha vissuto anche lui il suo periodo votato all'elettronica (con l’album «Feelings»).
Ora, forte di una semplicità difficile a farsi, si fa strada una linea musicale limpida, attenta alla melodia più che alla ritmica, a tratti quasi beatlesiana. Quasi un «periodo romantico», come dimostrano i due omaggi nel disco alla lirica di Georges Bizet e Giuseppe Verdi, riguardo ai quali l'artista dice: «Sono convinto di una cosa: la canzone pop moderna deve molto all'opera, in termini di ruolo sociale e struttura. L'opera, ai tempi di quando veniva scritta, era come le canzoni oggi: veniva cantata per la strada, dalla gente».
Ancora Byrne: «Ogni canzone parla dell'amore tra un uomo e una donna e affronta altri argomenti del genere. È un disco romantico in quanto parla della necessità di gustarsi il mondo, di vivere la vita e trarne piacere. Questo è un lavoro molto diverso dal precedente: è passato un po' di tempo e credo che quest'album rappresenti esattamente il punto dove mi trovo ora».
Con David Byrne, ovviamente voce e chitarra, sul palco in questi concerti italiani (e al «Nuovo», martedì alle 20.45) ci saranno Paul Frazier al basso, Mauro Refosco alle percussioni, Graham Hawthorne alla batteria e il sestetto d'archi Tosca Strings Ensemble (tre violini, una viola, due violoncelli).
Nessun commento:
Posta un commento