giovedì 26 febbraio 2004

�Ciao, sono Morandi....

«Ciao, sono Morandi...». Di solito quando vuoi intervistare un cantante, perchè ha fatto un disco nuovo o magari perchè viene in tournèe da queste parti, devi telefonare al suo ufficio stampa, chiedere appuntamenti, ritelefonare, richiedere... E più l’artista è - o crede di essere - famoso e importante, più la trafila può risultare lunga. Nel caso di Gianni Morandi da Monghidoro, Bologna, sessant’anni a dicembre, da una quarantina protagonista di primissimo piano della canzone e dello spettacolo italiani, il metodo è diverso: chiama lui. Semplice, spontaneo, disponibile, quasi amichevole, proprio come da tanto tempo appare al suo pubblico.
«Torno volentieri al Rossetti - dice l’artista, il cui tour fa tappa mercoledì 3 marzo al palasport di Udine, giovedì 4 e venerdì 5 al Politeama Rossetti di Trieste - con uno spettacolo teatrale che richiama un po’ quell’“Immagine Italiana” di quasi vent’anni fa. Poi a Trieste sono tornato altre volte, ma mai ripetendo quella formula, di cui avevo un po’ nostalgia...».
Uno spettacolo acustico?
«Sì, diciamo semiacustico: due soli musicisti in scena, un chitarrista e un tastierista, e in qualche punto una giovane cantante. Un po’ concerto e un po’ recital, con un filo che lega le canzoni: piccoli racconti, episodi, qualche riflessione... Io mi racconto parlando con me stesso attraverso un mio alter ego, Gianluigi, che poi è il mio vero nome, quello scritto sui documenti. Gianni è sempre stato il diminutivo...».
Dopo tanta televisione, torna ai teatri...
«Sì, avevo bisogno di un po’ di disintossicazione. Avevo fatto troppa tivù: “C’era un ragazzo”, Sanremo, lo show della Lotteria Italia... Mi sono imposto di dire no ad altre proposte, sia Rai che Mediaset, dalle Iene alla fiction, dalla conduzione di Sanremo ad altri speciali musicali».
La tv non le piace più?
«No, ne avevo fatta troppa. Poi è un fatto che la televisione generalista è molto cambiata negli ultimi tempi. Ci salva il satellite, le centinaia di canali tematici dove ognuno può trovare quel che vuole. I cantanti, poi, fanno fatica a essere invitati per cantare una canzone: o vai all’“Isola dei famosi” come Pappalardo, o partecipi a uno dei tanti “reality show”, oppure puoi anche stare a casa».
La Pivetti?
«Beh, il suo “Bisturi” è qualcosa che, fino a poco tempo fa, nessuno si sarebbe mai immaginato. L’ex terza carica dello Stato, poi... Incredibile. Il guaio dei “reality show” è che ognuno genera dieci imitazioni, e il livello è sempre più basso. Io me ne sto alla larga...».
Berlusconi?
«Un’ex presidente della Camera presenta operazioni di donne che si rifanno il seno. Un cantante è diventato premier oltre che padrone dei media. Diciamo che la situazione è perlomeno anomala. Mio padre, il vecchio ciabattino comunista di Monghidoro, se si svegliasse direbbe: ma in che mondo viviamo? Ma ne usciamo, ne usciamo...»
Sanremo?
«Non condivido la teoria secondo cui l’hanno fatto fare a Tony Renis perchè è amico di Berlusconi. Prima di lui l’avevano offerto a me, a Dalla e anche a Celentano. Poi organizzare il Festival è difficile, porta più grane che altro, e infatti ci hanno messo due mesi per convincerlo. In mezzo a una bufera giudiziaria, ci voleva un personaggio forte...».
Il suo Festival sarà un’americanata?
«Spero di no. Ha avuto il coraggio di puntare sui giovani, sui nomi nuovi. D’accordo che la Fimi (l’associazione delle maggiori case discografiche - ndr) ha dato forfait, ma ha comunque lasciato fuori alcuni nomi storici del Festival, da Al Bano a Reitano...».
Dunque...
«Dunque speriamo che Sanremo rimanga in piedi. La canzone italiana ne ha comunque bisogno. Noi cantanti dovremmo dire la nostra, mettere da parte gli individualismi, gli interessi di bottega. Per farne una grande vetrina internazionale. Invece ognuno pensa al suo orto».

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