mercoledì 4 febbraio 2004

�Per anni, persone s...

«Per anni, persone sconosciute che incrociavo mi hanno chiesto perchè non mi
vestissi più di bianco e che fine avesse fatto Flavio Giurato», scrive Carlo
Massarini, oltre vent’anni fa conduttore di «Mister Fantasy», nella
prefazione del libro+cd «Il tuffatore» (collana Contagi, edizioni No Reply).
Lo stesso titolo del disco più bello e geniale del cinquantacinquenne
cantautore romano, fratello minore dell’insostenibile Luca, pubblicato nel
lontano 1982. Con «Per futili motivi» e «Marco Polo», all’epoca completava
una trilogia sufficiente a far diventare Flavio Giurato un artista di culto
per una ristretta ma fedelissima schiera di estimatori, insufficiente per
regalare all’artista il posto che meritava - e forse tuttora merita - nel
mondo della nostra miglior canzone d’autore.
Sul crinale perigliosissimo che divide genialità creativa e follia
visionaria, Giurato ha scritto quella volta canzoni bellissime e struggenti,
non riconducibili a nessun filone, a nessuna scuola musicale né
cantautorale, e forse proprio per questo capaci di mantenere tuttora intatta
una loro attualità fuori del tempo e ovviamente delle mode. Canzoni ricche
di piccole frasi indimenticabili.
Le delusioni sono unite dalla ferrovia. Una donna alta non è mai banale,
sarà per lo sguardo necessariamente superiore. Tu sei nel mio cuore dal
torneo di Orbetello, quando ha libecciato e non si è giocato. Io dico che le
spade te le lasciano per strada, non per maleducazione ma per farti
ricordare il fratello di un amico. La mia discutibile malinconia ha bisogno
di musica e poesia. Figliola non andare coi cantautori, che poi finisci
nelle canzoni. Fino al capolavoro: Volevo essere un tuffatore, per rinascere
ogni volta dall’acqua all’aria.
In tutti questi anni Flavio Giurato è sparito, ha fatto altre cose. Ma ha
scritto anche nuove canzoni, ogni tanto ha tenuto qualche concerto. Ora
torna, dopo il riconoscimento alla carriera all’ultimo Premio Ciampi, con
questo libro - che esce il 15 febbraio - fatto di racconti, opinioni,
divagazioni, piccole storie su di lui e sul suo mondo scritti da Aldo Nove,
Tiziano Scarpa e altra, molto varia umanità.
Allegato anche uno spartanissimo cd, registrato dal vivo, rigorosamente
chitarra e voce, che comprende misconosciuti capolavori di ieri
(«Valterchiari», «Simone», «Marcia nuziale», «Mauro», «Aquile e corvi», «Il
tuffatore»...) e cose più recenti («Il caso Nesta», «L’ufficialino», «Silvia
Baraldini»...).
Ascoltandolo, o visitando il sito www.flaviogiurato.3000.it (dove si possono
ascoltare «L’ufficialino» e l’inedita «Ustica»), si ha la conferma della
geniale follia di Giurato. Ma anche della miopia dell’industria discografica
italiana. Oggi forse è troppo tardi, ma vent’anni fa questo spilungone nato
nel ’49, mezzo cantautore e mezzo atleta, aveva probabilmente tutte le carte
in regola per scrivere altre pagine originali e importanti della miglior
canzone d’autore di casa nostra.
Se non è successo, lo si deve sicuramente alle caratteristiche di un
personaggio difficilissimo da imbrigliare, «generalmente antidivo e
naturalmente antimercato», come scrive Massarini, ma anche all’incapacità
della discografia di uscire dai rassicuranti binari del già sentito e di
esplorare il nuovo.

1 commento:

  1. Approvo in toto. Tranne sul "troppo tardi"

    Può essere tardi, ma non troppo tardi. Vedrai, vedrai...

    Mi Lang

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