sabato 7 febbraio 2004

Ripartire, quasi rin...

Ripartire, quasi rinascere, di certo riscoprire la vita e i suoi valori andando in Africa. È successo a Roberto Vecchioni, cantautore storico con una trentina di album alle spalle, di cui esce oggi il nuovo disco intitolato «Rotary Club of Malindi».
«Il titolo nasce dall’immagine che ho fatto riprodurre in copertina - spiega il cantautore, milanese di origini napoletane, sessantuno anni - di una incredibile fermata d’autobus che ho visto in Kenya: quella scritta faceva a pugni con la realtà fatiscente che vi stava attorno, con la povera gente del luogo che aspettava l’autobus, con il degrado della zona...».
Vecchioni è stato in Africa quattro volte, a partire dal dicembre 2002. Era reduce da un periodo molto negativo, un periodo nero seguito a un’operazione chirurgica che fortunatamente era andata bene ma che lo aveva lasciato quasi tramortito. Senza più voglia di far nulla. Nemmeno scrivere. E lì, a contatto con un mondo ancora poverissimo, ha riscoperto il valore delle piccole cose e anche la voglia di scrivere nuove canzoni.
«La forbice fra il ricco mondo occidentale e la povertà del terzo mondo - dice l’artista - si è purtroppo allargata negli ultimi anni. L’Occidente sta vivendo una sorta di deflagrazione interna: abbiamo perso il senso dei valori, dell’amicizia, delle parole, dell’amore vero, che è innanzitutto l’amore verso gli altri. La prima volta che sono andato in Africa mi sono sentito una piccola banalità di questo Occidente senza più anima. Vivendo per dei periodi laggiù, viaggiando, parlando con le persone, mi sono accorto di nuovo dell’importanza delle cose che contano. Ho riso delle mie paturnie occidentali di uomo senza più voglie né stimoli. Diciamo che ho quasi rifatto amicizia con il mio mondo e il mio tempo».
L’Africa è dunque l'ispirazione primaria di questo nuovo lavoro, un viaggio che diventa una sorta di percorso interiore e che approda così «a un senso ritrovato, a un mistero finalmente svelato dalle parole sagge di un vecchio pescatore: che niente conta, né gli scogli, né le barche, né i delfini, né le luci dalla riva, né le stelle e nemmeno per assurdo i pensieri. Conta solo il mare».
Dinanzi a questa «semplice rivelazione», risultano quasi comici «tutti i sogni di potere, di sopraffazione, di superiorità civile del mondo occidentale e sempre più risibili gli affarucci italioti e tutte le minute avventure di chi si prende troppo sul serio».
Un brano del disco che farà discutere è «Marika», la confessione di una terrorista che sta per farsi saltare in aria. «Non è una canzone politica - spiega l’autore - volevo solo raccontare la storia di una donna, la sua disperazione divisa fra due fuochi: la voglia di vivere e l’amore per la sua terra, rappresentato dall’incoraggiamento dei compagni che la spingono a quel gesto».
A Watamu, un paesino a quaranta chilometri da Malindi («che è un posto orribile»), in Kenya, Vecchioni ha anche appena comprato una piccola casa. Approfittando forse del suo nuovo status di pensionato. «Sì, sono in pensione dal primo gennaio, anche se già da tre anni avevo abbandonato il liceo dove ho insegnato per tanto tempo per un incarico che avevo alla facoltà di Scienze della comunicazione, a Torino. Ma state tranquilli: non ho nessuna voglia di fare il pensionato. Insegnare mi piace troppo. Ho già avuto almeno quattro proposte interessanti da altrettante università e almeno una, probabilmente quella che mi è arrivata da Teramo, penso di accettarla».
«Rotary Club of Malindi» è prodotto da Mauro Pagani e si avvale della collaborazione di Max Gabanizza al basso, Joe Damiani alla batteria e percussioni, Giorgio Cordini alla chitarra, Mauro di Domenico alla chitarra classica, Eros Cristiani alle tastiere, Claudio Pascoli al sax, Marco Brioschi alla tromba e Edodea Ensable agli archi. Dal 9 marzo Vecchioni sarà di nuovo in tour (con tappa anche a Trieste, il 5 aprile al Rossetti, e il 7 a Udine, al «Nuovo»).
L’8 aprile esce invece per Einaudi «Il libraio di Selinunte», un racconto breve che ha lo stesso titolo di una canzone del disco: «È la stessa storia - conclude Vecchioni - che avevo voglia di sviluppare. La canzone è completa nella sua forma. Ma avevo voglia di raccontarla meglio. Ne è venuto fuori un racconto di settanta pagine».

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